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Un vicino morbido come la seta (seconda parte)


di Membro VIP di Annunci69.it eborgo
03.05.2023    |    1.649    |    1 9.3
"Moira o Ricchiardi o come diavolo volete chiamarlo, si è fatto in quattro per farsi perdonare la mia giornata passata penzoloni..."
Domenica 2 ottobre 2022, Ore 10:15
Trascrizione da Nastro. Deposizione raccolta in Questura. Dossier IC-03

É stata la luce del mattino che, ferendomi gli occhi, mi ha svegliato. Ero sdraiato sul divano, le mani legate dietro alla schiena e le gambe mezze piegate in una posizione scomoda quanto assurda. Sentivo le formiche dappertutto, mi sembrava di avere un topo morto in bocca e un’intera balla di cotone nelle orecchie. Il lenzuolo di raso mi copriva fin sull’addome e sotto la schiena sentivo la pelle morbida del divano. Mi sono reso conto di essere nudo e ho spalancato gli occhi sollevando la testa.
Moira, o come diavolo voleva farsi chiamare era seduto in poltrona, perfettamente truccato, i capelli neri della parrucca sciolti sulle spalle, un velo di rossetto chiaro sulle labbra, il fondotinta, l’ombretto, la cipria e tutto il resto. Indossava un un vestito di seta lucida blu brillante, morbido e scollato, con ampie maniche a sbuffo che si rastremavano sui polsi. Calze nere molto velate gli fasciavano le gambe. Ai piedi portava un paio di sandali a tacco alto, di pelle nera, formati da due fasce incrociate sulle dita, un cinghietto sul tallone e uno alla caviglia.
Mi stava guardando senza una particolare espressione, le mani in grembo e le gambe accavallate. Non riuscivo a credere che sotto quei vestiti e quel trucco pesante, fasciato da quella biancheria raffinata, ci fosse il signor Ricchiardi, mio vicino e persona a modo. Almeno fino a oggi.
Il signor Ricchiardi che adesso cercava di portarmi a letto sotto le morbide e setose spoglie della tenebrosa Moira.
Ho appoggiato la nuca sul bracciolo e l’ho guardato negli occhi.
« Spero che tu sia riuscito a dormire almeno un poco » ha detto con un lieve sorriso.
Mi sono stiracchiato il collo girando la testa da una parte e dall’altra poi ho di nuovo incrociato lo sguardo con il suo. Gli ho detto che mi aspettavo che mi liberasse e mi lasciasse andare. Lui si è alzato ed è venuto a sedersi vicino a me. Ha sciolto la corda che mi teneva le gambe piegate e mi ha aiutato a stenderle.
« Adesso andiamo di là » ha zufolato. « Ti ho preparato un bagno caldo. »
Mi ha fatto alzare e mi ha tenuto dritto contro di se mentre riprendevo l’uso delle gambe anchilosate. Il suo vestito di raso lucido è venuto a contatto con la mia pelle scivolandomi morbidamente addosso. Mi sono raddrizzato.
« Io non verrò mai a letto con lei » gli ho mormorato in faccia « come fa a venirle in mente una cosa del genere? »
Mi ha preso per un braccio. « A questo penseremo più tardi » ha risposto spingendomi verso il corridoio.
Siamo arrivati in bagno. Mi ha liberato le caviglie e ho potuto fare i miei bisogni. Poi mi ha fatto immergere nell’acqua della vasca. Era la prima volta che facevo un bagno con le mani legate dietro alla schiena. Era tutto talmente paradossale. Sono sprofondato nel liquido caldo che profumava di bagnoschiuma, con la testa e tutto quanto e una volta riemerso mi sentivo già un altro uomo. Ero pronto a lottare per la mia virtù.
Moira si è seduto sul bordo della vasca, si è tirato su le maniche e ci ha dato dentro di spugna e sapone. Mi ha lavato dalla testa ai piedi, bene dietro le orecchie, i capelli e anche il sederino. Poi ha preso schiuma e rasoio e mi ha fatto la barba. Mi ha lasciato qualche minuto da solo a mollo ed è tornato con la colazione su un elegante vassoio di legno danese. Un servizio da tè di porcellana nera, pane tostato e un barattolo di confettura di arance amare. Come al Grand’Hotel.
Due tazze di tè e tre fette di pane e marmellata più tardi, mi sentivo quasi rilassato. Poi la pacchia è finita. Mi ha fatto uscire dalla vasca e mi ha legato le caviglie in modo da farmi camminare come pollicino. Dopo avermi asciugato per bene con un grande accappatoio di spugna, dulcis in fundo, mi ha lavato i denti. Alla fine il riluttante prigioniero che ha abbracciato era fresco e pulito come una rosa.
Mi ha sussurrato cose dolci e mielose mentre le sue mani correvano sulla mia pelle umida e fresca. Mi ha detto che ero bellissimo (non posso dargli torto), che mi desiderava da morire e che tutte le volte che ci eravamo trovati assieme, avrebbe voluto scoparmi per ore. In pratica io pensavo che si divertisse guardando The Incredibles insieme a me e invece mi pensava nudo e appassionato tra le sue braccia.
Mi si è strusciato contro eccitandosi sempre di più e io ho faticato non poco a tenere la sua lingua fuori dalla mia bocca. Continuavo a pensare che quella specie di donna che cercava di sedurmi era Ricchiardi e la cosa mi sembrava più assurda ogni minuto che passava.
Siamo usciti dal bagno e siamo tornati in salotto. Prima di farmi sdraiare sul divano ha risistemato il lenzuolo di raso d’argento che era scivolato per terra nella notte. Mi si è seduto di fianco, il suo petto contro il mio, la sua faccia a pochi centimetri dalla mia.
Mi ha baciato sul collo e sul petto, piano, con passione. Io ero teso come un asse da stiro, cercavo di sfilarmi dal suo abbraccio ma il mio spazio di manovra era esiguo. E le mani legate in quella stronza maniera non mi servivano a niente.
« Lasciati andare, amore » ha sussurrato mordicchiandomi un orecchio.
« Non lo posso fare » ho ansimato divincolandomi « non mi può chiedere di fare questo, lei è pazzo... Mi lasci andare, la prego, le giuro che non dirò niente a nessuno. »
Si è tirato indietro e mi ha messo una mano sulla coscia. Il mio sesso era molle e triste come una lumaca. Lui lo ha carezzato con un dito, poi mi ha guardato negli occhi. Una parte più chiara del suo viso rivelava appena il trucco più pesante che copriva la zona dove cresce la barba.
« Non possiamo tornare indietro » ha detto con un sorriso pieno di desiderio. « Adesso sei qui e prima o poi ti convincerò a fare l’amore con me ».
Si è alzato dal letto e si è avvicinato a un comò Luigi XV. L’ho visto aprire un cassetto e frugarci dentro. Mi dava le spalle e non ho potuto vedere che cosa diavolo stesse facendo. Ho tirato un po il fiato immaginando che presto avrebbe ricominciato con la sua corte pressante. Ha armeggiato per un paio di minuti poi ha chiuso il cassetto ed è tornato a sedersi accanto a me.
« Vedrai che questa sera sarò un balsamo per te. » Lo ha detto in un soffio, carezzandomi l’addome. « La mia bocca ti farà piacere e le mie mani ti daranno sollievo, vedrai. »
L’ho guardato aggrottando le sopracciglia, un lieve batticuore nel petto. Non capivo cosa intendesse dire.
Ha sollevato la mano che teneva stesa lungo il fianco. Tra le dita stringeva una piccola siringa con del liquido giallo. Mi ha infilato il corto ago nella spalla prima che io potessi dire bah. Una pressione del pollice e quella schifezza mi è entrata in corpo.
Sono bastati pochi secondi. Lui è diventato una figura indistinta, i riflessi lucidi del suo vestito si sono sfocati e confusi con il resto della stanza. La mia testa è diventata pesante, duemila tonnellate sul mio povero collo. Sono crollato all’indietro e tutto è diventato buio.
Non credo sia durato molto, anche se quando sono tornato a galla mi sembrava di aver dormito un paio di secoli. Mi sentivo un orso che si sveglia dal letargo, la testa vuota come quella di un concorrente del Grande Fratello e un ronzio incessante che mi forava le orecchie.
C’era anche qualcosa di nuovo nell’aria, una nuova sensazione di instabilità, come se il mio corpo fluttuasse nell’aria invece di starsene tranquillo e rilassato. Lentamente, minuto dopo minuto sono tornato nel ventunesimo secolo. Ho aperto gli occhi e il salotto, ancorché sfocato, mi è apparso da un angolazione inconsueta. Ho provato a muovermi ma nulla è successo. I polsi mi hanno dato una fitta e questo mi ha confermato che di corda in giro ce n’era ancora. Poi ho sentito le braccia tirare e improvvisamente tutto il peso del corpo è diventato reale.
Con un certo qual batticuore ho realizzato che stavo appeso per le braccia e che i miei piedi toccavano terra con solo metà della pianta. Praticamente i miei talloni stavano sollevati dal pavimento. Vi garantisco che svegliarsi da una narcosi e ritrovarsi al tempo dell’inquisizione è un’esperienza abbastanza terrificante. Ho guardato verso l’alto e ho visto i miei poveri polsi legati con diversi giri di corda a una di quelle sbarre che si avvitano nelle cornici delle porte per fare ginnastica. Un fiotto di adrenalina mi ha schiaffeggiato lo stomaco. Ho urlato ma tutto quello che sono riuscito a produrre è stato un gorgoglio indistinto. Un bavaglio di qualche genere mi chiudeva la bocca. Stavo appeso in mezzo al passaggio che dal salotto porta in camera da pranzo, nudo come un verme e suonato come un dirigente Rai.
Ricchiardi è arrivato dal corridoio, ha attraversato il salotto e si è fermato davanti a me. Era, per così dire, in borghese. Un leggero giubbotto di nylon rosso su una camicia di seta bianca, morbidi calzoni color crema e mocassini di nabuck testa di moro. Elegante come sempre. Ci siamo guardati negli occhi. Aveva un’espressione dispiaciuta nello sguardo.
« Non devo mai interferire nelle questioni di Moira » ha detto sottovoce « è lei che desidera occuparsi di te ».
Ho avuto la netta sensazione che un paio di contatti nel suo cervello non funzionassero a dovere. Prigioniero di uno schizofrenico con manie transgender. Ero sistemato per le feste.
Mi ha girato attorno, ha attraversato l’ingresso ed è uscito dalla porta chiudendosela alle spalle. Che ci crediate o no, mi sono sentito solo e molto, molto depresso.
Non starò a tediarvi con il racconto di una mattinata e un pomeriggio nei quali non è successo nulla, se non il disgregamento lento e sistematico della mia volontà. Nel mio delirio, la paura più grande era di ritrovarmi con braccia tanto lunghe da potermi grattare le ginocchia senza dovermi piegare. Stare appesi una giornata come quarti di bue fa brutti scherzi. All’inizio ho contato i bottoni dei divani, poi sono passato ai disegni del tappeto persiano che copriva metà del pavimento e di seguito alle pecore. Tra le due e le tre del pomeriggio devo aver sonnecchiato e verso le quattro i primi segni di demenza si sono rivelati quando m’è parso di vedere Benedetti Michelangeli seduto al pianoforte.
Il tempo è trascorso lento, senza che accadesse nulla, come in un film di Eric Romher. Verso le diciassette, la mia classifica dei desideri vedeva al primo posto un letto monumentale con grandi cuscini di piuma, al secondo un Manhattan cocktail molto secco e con tanto ghiaccio, al terzo Anastacia che mi cantava una ninna nanna e al quarto Ricchiardi da scorticare vivo, usando un pelapatate.
Non sentivo più le mani e nemmeno le punte dei piedi sulle quali ero costretto da diverse ore. Quando si è aperta la porta di casa alle mie spalle ero talmente sfinito che non mi è nemmeno venuto il batticuore.
La porta si è chiusa e i passi del padrone di casa si sono allontanati verso il corridoio che portava alle camere da letto. L’ho visto passare dietro il vetro smerigliato della porta scorrevole, dall’altra parte del salotto.
Nell’ora seguente solo alcuni suoni sono giunti alle mie orecchie. Scroscio d’acqua nella doccia, armadi che si aprivano e si chiudevano e poco d’altro.
Ho fatto uno sforzo per riprendermi e non dare al mio rapitore la soddisfazione di vedermi disfatto. Quando la porta scorrevole si è aperta con un sibilo meccanico e Moira ha fatto il suo ingresso in salotto ero riuscito a mettere su uno sguardo quasi fiero.
Ha attraversato la stanza a passi lenti ancheggiando appena, le braccia lungo i fianchi. Indossava una camicetta di raso azzurro pallido con le maniche lunghe su una gonna di morbida e lucida seta color argento che le arrivava una dozzina di centimetri sopra le caviglie. Le gambe erano fasciate da calze grigio chiaro, molto velate, e i piedi calzati in sottili sandali a fascetta bianchi con il tacco molto più basso della Tour Eiffel.
Mi si è fermato davanti con un lieve sorriso sulle labbra. Con i tacchi e tutto il resto era più alto di me di oltre quattro dita. La camicetta di raso aveva una falda che si sovrapponeva all’altra sul davanti ed era tenuta chiusa da un nastro dello stesso tessuto che girava intorno alla vita ed era annodato su un fianco. I capelli neri erano di nuovo sollevati e fermati sul capo. Mi si è avvicinato e abbracciandomi all’altezza dei fianchi mi si è premuto contro. Il suo viso truccato era all’altezza del mio. Ha schiuso le labbra velate di rossetto trasparente e si è chinata a baciarmi le guance mentre il suo corpo fasciato di morbido raso si strusciava sulla mia pelle nuda. Per la seconda volta un lungo brivido mi è corso lungo la schiena. Mi ha carezzato piano, sfregandosi contro di me e baciandomi sul viso, sugli occhi e sul collo.
Ha armeggiato sulla mia nuca e il bavaglio è caduto per terra.
« Mi tolga di qui » ho mormorato, « la prego... Sono sfinito »
Mi ha porto le labbra premendosi contro di me. Si trattava di giocare o passare la mano e starsene appeso. L’ho baciato sulla bocca ma senza la passione che avrei avuto con Charlize Theron. Lui non se n’è avuto a male, d’altronde era un inizio. La mia armatura si stava incrinando. Ha coperto la mie bocca con la sua e ha fatto scorrere lentamente la punta della lingua tra le mie labbra.
« Non pensare a me come a un uomo » ha ansimato premendo la guancia contro la mia. « Nè come a una donna. Pensa a me come a qualcosa di diverso e lasciati andare. »
Mi ha di nuovo baciato sulla bocca e questa vota ha spinto a fondo la lingua tra le mie labbra. « C’è qualcosa di tutti e due in me » ha proseguito in un soffio. « Io sono seta, raso, biancheria raffinata e calze velate. Sono profumo, erotismo e sesso.»
Ha continuato a baciarmi sulla bocca, strusciandomisi contro e carezzandomi voluttuosamente.
« Ho bisogno di andare in bagno » sono riuscito a mormorare in un momento nel quale la sua lingua era fuori dalla mia bocca.
« Adesso pensiamo anche a questo » ha sussurrato leccandomi un orecchio.
« Ne ho bisogno, adesso » ho sospirato, « altrimenti la faccio qui sulla moquette... ».
Questo lo ha convinto. Si è allontanato ed è tornato quasi subito con un coltellino Opinel e un rotolo di corde bianche. Ha allungato le braccia e con un paio di tagli netti ha liberato i miei polsi. Sono caduto in ginocchio sulla moquette, le spalle doloranti e le gambe inesistenti.
Con una piccola spinta mi ha fatto sdraiare a pancia sotto sul morbido pavimento e mi si è seduto sulla schiena, il raso della sua gonna che mi strusciava morbido sulla pelle. Senza perdere tempo mi ha incrociato le mani sul dorso e le ha legate insieme senza lesinare sui nodi. Io avevo gli occhi chiusi e assaporavo la mia nuova, meravigliosa posizione. A malapena sentivo le sue dita che armeggiavano con le corde sui miei polsi. Si è alzato e anche le mie caviglie hanno avuto la loro razione di corda. Come sempre mi ha messo in grado di poter camminare a piccoli passi lasciando una quarantina di centimetri di corda tra una caviglia e l’altra.
Mentre mi aiutava a rimettermi in piedi, si è reso conto che non riuscivo a star dritto. Mi ha fatto appoggiare al muro. La sua bocca era all’altezza della mia fronte. Si è chinato leggermente e mi ha baciato sulle labbra dandomi la sua lingua da succhiare, cosa che ho fatto senza discutere.
« Andiamo. » Mi ha preso per un braccio. « Adesso ti rimetto in sesto, amore mio. »
Abbiamo attraversato il salotto diretti verso il corridoio. Se pensate che fossi tranquillo e rilassato avete preso un granchio. Ero teso, stanco e dolorante.
Ed ero preoccupato.


Domenica 2 ottobre 2022, Ore 21:00
Trascrizione da Nastro. Deposizione raccolta in Questura. Dossier IC-04

La serata prevedeva cibo e coccole. Moira o Ricchiardi o come diavolo volete chiamarlo, si è fatto in quattro per farsi perdonare la mia giornata passata penzoloni.
Mi ha pulito, nutrito, confortato, carezzato coccolato e corteggiato. Ma sempre, in ogni momento, è stato chiaro che se non facevo il bravo e collaboravo si tornava a penzolare. Non so che dirvi, non mi era mai successo di essere l’oggetto di tali pressanti attenzioni. E anche se Moira mi aveva detto di non pensare a lui come ad un uomo, quello che in quel momento sentivo premere contro la mia coscia, anche se velato di lucida seta, era senza dubbio un uccello in erezione.
Era seduto sulle mie gambe e mi stava massaggiando il petto e le spalle, lentamente e con una certa perizia. Si è chinato su di me e mi ha baciato sul viso. Ci siamo guardati negli occhi. Aveva l’aria rilassata e soddisfatta. La sua camicetta di raso si copriva di riflessi ad ogni suo movimento. Ho mosso la gamba per cercare di evitare quel pressante contatto con il suo sesso eretto.
« Mi piace sentirlo contro di te » ha sussurrato. « Sentire il tuo corpo contro il mio è terribilmente eccitante ».
« Mi piacerebbe carezzare tutta questa seta » ho detto guardando il suo corpo velato di lucido tessuto « ma purtroppo ho le mani legate. ».
Un sorriso ha increspato le sue labbra. « E così rimarranno, amore mio. Saresti fuori di qui in cinque minuti se ti slegassi e a me piace la tua compagnia ».
Mi ha porto la sua bocca, la punta della lingua che faceva capolino tra le labbra schiuse. Ho deglutito, un brutto batticuore nel petto. Ho chiuso gli occhi e l’ho baciato. Il suo profumo mi ha riempito le narici e raso e seta sono scivolate sul mio petto. Ha preso a sfregare il suo uccello duro contro la mia gamba con un lento movimento del baccino. La seta della gonna ne facilitava lo scorrimento e l’ho sentito gemere di piacere nella mia bocca. Con leggerezza, le labbra sempre incollate sulle mie, si è slacciato la camicetta e l’ha aperta rivelando un elegante reggiseno di raso del medesimo colore, bordato di pizzo.
Ha ripreso a baciarmi con foga, premendo i suoi seni appena accennati contro il mio petto. Erano morbidi, ma la sensazione che mi davano mi ha sorpreso. É stato allora che il mio sesso ha avuto il suo primo guizzo di eccitazione. Senza rendermene conto ho incrociato la lingua con la sua. Per la sorpresa ha smesso di baciarmi e si è staccato da me. Si è sfilato la camicetta e l’ha posata sul letto.
« Continua a baciarmi » ha gorgogliato carezzandomi sui fianchi.
Mi si è premuto contro e ci siamo baciati. Mi ha spinto la lingua fino in gola, succhiandomi e leccandomi le labbra. Il suo uccello velato dal serico tessuto era sempre più duro e teso contro la mia gamba. Il suo bacino si è mosso piano, premendolo a fondo contro la mia pelle. Tutta quella seta che mi scorreva addosso mi eccitava terribilmente e i miei sensi tendevano a sfuggire al mio controllo. Lui in qualche maniera se n’è accorto e ha accentuato i propri movimenti. Deve aver sentito la mia erezione perché ha cambiato posizione facendo in modo di averla fra i suoi glutei coperti di raso argento. Ho sospirato tra le sue labbra in maniera quasi isterica.
« Dio mio, » ho ansimato, senza fiato, « Che cosa mi sta facendo? »
Mi ha costretto a sdraiarmi e si è inginocchiato a cavallo del mio petto. Ha sollevato la gonna di seta mostrando un paio di morbide mutandine di raso. Un lucido gonfiore tratteneva a malapena il suo uccello lungo e spesso, duro come un palo. Si è sollevato e lo ha sfregato lentamente sul mio viso, passandomelo sulle guance e sulle labbra. Tenendomi la testa con le mani si è fatto baciare l’interno delle cosce, dove finivano le calze e cominciava la pelle. L’ho fatto senza protestare, senza tirarmi indietro. Pensavo che me l’avrebbe messo in bocca, che se lo sarebbe fatto succhiare, invece si è alzato dal letto ed è rimasto in piedi davanti a me, le braccia sui fianchi e il gonfiore del sesso disegnato da pieghe e riflessi sul davanti della gonna.
« Aspettami, » mi ha sussurrato « Vado a mettermi qualcosa di più comodo ».
É uscito dalla stanza lasciandomi sul letto in stato semi confusionale, con l’uccello duro e mille pensieri che mi giravano per la testa.
Le mie caviglie erano ancora collegate dalla corda. Con un minimo sforzo mi sono sollevato e mi sono alzato dal letto. Camminando come un afgano a Guantanamo ho raggiunto lentamente la finestra. La tenda era chiusa ma uno spiraglio mi lasciava intravvedere l’esterno. Era buio. Sotto di me, quattordici piani più in basso scorreva nero il fiume. L’acqua si intuiva solamente per i riflessi e le luci che si specchiavano dentro.
Come sempre, per via dei cinque milioni di locali notturni, era pieno di gente la sotto. Nessuno guardava verso l’alto e se anche qualcuno l’avesse fatto non mi avrebbe visto. Ho mosso i polsi stretti dalle corde per riattivare un poco la circolazione. Lontano, sul ponte, la solita fila di auto a passo d’uomo. La gente vive in auto in questa città, nemmeno il giornale vanno a comprare a piedi. Li ho guardati per un po, incazzati e nervosi che cercavano di farsi strada a colpi di clacson.
Le sue dita sulla spalla mi hanno fatto trasalire. Mi sono voltato e lui era davanti a me, alto, truccato, fasciato in un’incredibile camicia da notte di raso color oro. Mi ha preso per i fianchi e mi ha tratto verso di se. Ci siamo baciati. La sua lingua mi ha riempito la bocca mentre il suo corpo si strusciava contro il mio. Ho avuto un’erezione immediata e lui ci si è premuto contro, con gusto, e il suo respiro si è fatto veloce nella mia bocca.
Ho smesso di baciarlo e ho tirato indietro la testa. « La prego » ho ansimato mentre lui mi passava violentemente le labbra sul collo e sul mento « cosa vuole da me?... Che cosa cazzo vuole da me? »
Ci siamo spostati e lui mi ha spinto contro il muro. Di nuovo mi sono sentito addosso, la seta della camicia da notte che mi strusciava sul petto, sull’addome e sulle gambe. Le sue braccia nude mi hanno afferrato per la vita e la sua bocca si è di nuovo schiacciata sulla mia. Ho risposto al bacio succhiando la sua lingua e porgendogli la mia. Il soli suoni erano quello dei nostri respiri e il fruscio del raso contro la mia pelle. Ero eccitato come un ossesso e altrettanto sconvolto. Faticavo a ragionare, a essere presente. Sentivo le sue mani su di me e la sua lingua che si muoveva freneticamente nella mia bocca.
« Mettiti in ginocchio, amore » ha gorgogliato premendo con le mani sulle mie spalle. Io l’ho fatto.
Mi rendo conto che son cose da pazzi, ma in quel momento ero suo ed ero incredibilmente eccitato. Lentamente mi sono messo in ginocchio, il viso appoggiato al suo ventre coperto di morbido e lucido raso d’oro. Ansimando mi ha fatto sentire il suo sesso duro e teso contro la faccia, lo ha sfregato piano contro le mie guance, sulle mie labbra. Era liscio e scorrevole sotto al serico tessuto. Piano, accompagnando i suoi gesti con un lieve movimento del baccino ha sollevato la camicia da notte. Vedevo scorrere il tessuto in mille riflessi dorati man mano che si sollevava, finchè il suo glande eccitato non si è posato libero sulle mie labbra. Ho intravisto la parte superiore di un paio di velatissime calze nere e i nastri di un elegante reggicalze scuro poi ho chiuso gli occhi e lasciato che lui entrasse in profondità nella mia bocca. Era lungo e grosso.
Il sapore salato del suo sesso si è mescolato al suo profumo mentre scorreva piano tra le mie labbra. L’ho succhiato e carezzato, bagnandolo con la mia saliva e rendendolo lucido e scorrevole. L’ho carezzato con la lingua, avanti e indietro, sentendolo sempre più duro. Le sue mani mi affondavano tra i capelli e accompagnavano i movimenti della mia testa. Lo ha sfilato dalla mia bocca e me lo ha porto perché lo baciassi. L’ho fatto, scorrendolo avanti e indietro con le labbra e con la punta della lingua.
Lui gemeva e mugolava di piacere quando lo ha rimesso nella mia bocca. Di nuovo avanti e indietro, ci ho dato dentro con la lingua e ho succhiato per bene. Sembrava che in vita mia non avessi fatto altro. Lo ha tirato via dalle mie labbra all’ultimo momento e nell’orgasmo mi ha spruzzato il suo seme sul viso e sul petto in lunghi fiotti caldi.
Mi ha fatto sollevare e mi ha spinto sul letto. In un turbine di seta me lo sono trovato addosso e la sua bocca si è chiusa sulla mia, il suo seme che bagnava entrambi. Mi ha baciato con foga, spingendo a fondo la lingua tra le mie labbra e incrociandola alla mia. Poi e sceso verso il mio sesso, baciandomi il petto, il ventre e il pube. Mi ha preso l’uccello in bocca e ha cominciato a succhiarmi con una perizia che mi ha lasciato di stucco. Lo sentivo scorrere avanti e indietro lungo la mia asta, succhiandola e leccandola con gusto. Sentivo la sua lingua, i suoi denti e le sue labbra. E sentivo le sue dita sui testicoli, che mi carezzavano e stuzzicavano la pelle delle palle, un turbine di impulsi elettrici che si amplificavano raggiungendo il cervello. Ho avuto un’orgasmo da manuale, mi è venuto fuori dalla pancia dentro la sua bocca, come una fontana, con lunghe, intense pulsazioni. Non mi sono preoccupato molto di guardare se se l’è bevuto tutto o se ho macchiato la sua seducente camicia da notte di raso oro pallido. Ho sparato fuori tutto con un mugolio di piacere.
Mi sono abbandonato sul letto e lui mi è scivolato addosso, il raso che strusciava sulla mia pelle. Mi ha carezzato piano baciandomi sulla bocca. Ho succhiato la sua lingua e brucato le sue labbra. I capelli della parrucca mi solleticavano il collo.
Mi ha baciato a lungo, con gusto e soddisfazione. Era praticamente riuscito a sedurmi e faceva le fusa. Si è staccato dalle mie labbra e mi ha guardato negli occhi con un leggero sorriso soddisfatto.
« Ha avuto quello che voleva » ho detto in un soffio « adesso mi lasci andare. Per favore... »
Si è chinato ancora su di me. Ho sollevato il capo e l’ho baciato sulla bocca spingendo la lingua tra le sue labbra. Ho sentito il suo corpo fasciato di seta premere contro il mio e le sue mani sui miei fianchi.
« Non è così semplice » ha mormorato passandomi la punta della lingua sul mento.
Si è alzato sedendosi sul bordo del letto. Ha sollevato la camicia da notte e ha liberato le calze. L’ho guardato sfilarsi lentamente quelle nuvole scure e velate dalle gambe. Una volta in piedi, ha sganciato il reggicalze e lo ha buttato su una sedia. Tra le gambe gli pendeva il sesso, ancora parzialmente eretto.
Un quarto d’ora prima l’avevo io nella mia bocca. Ho avuto una stretta allo stomaco.
Poi la camicia da notte e scesa e ha nascosto di nuovo tutto sotto i suoi setosi riflessi. Si è chinato su di me. « Vieni, » mi ha detto « ti porto in bagno prima di dormire. Dobbiamo darci una pulita ».
Ho posato il capo sul cuscino e ho chiuso gli occhi. La sua mano mi ha preso per un braccio e Moira mi ha attirato contro di sé.
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